Ritrovate tracce di creme solari al Polo Nord

Ritrovate tracce di creme solari al Polo Nord

La scoperta sui ghiacciai delle Svalbard. A misurarne la concentrazione e spiegarne l’origine uno studio della Uni Ca’ Foscari di Venezia e dell’Istituto di scienze del Consiglio delle ricerche (CNR-ISP), in collaborazione con l’Università delle Svalbard.

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Per approfondimenti

Info: Andrea Spolaor, Cnr-Isp, andrea.spolaor@cnr.it

Il dettaglio dello studio sulla rivista Science of the Totale Environment, Volume 908, 15 January 2024, 168401  DOI: 10.1016/j.scitotenv.2023.168401Andrea Spolaor (CNR-ISP)

Ecco una sintesi del comunicato stampa del Consiglio nazionale delle ricerche del 20 dicembre 2023

Ritrovate tracce di creme solari al Polo Nord, sui ghiacciai dell’arcipelago delle Svalbard. Si depositano soprattutto in inverno, quando sull’Artico cala la notte. A misurarne la concentrazione e spiegarne l’origine è uno studio il cui obiettivo era fornire una prima panoramica della presenza ambientale dei prodotti per la cura personale in Artico.
Il progetto Arctic Field Grant finanziato dal Research Council of Norway, in collaborazione con il Cnr-Isp e la stazione di ricerca Italiana Dirigibile Italia a Ny Ålesund, ha condotto un campionamento da cinque ghiacciai, nella penisola di Brøggerhalvøya, tra aprile e maggio 2021. Siti selezionati sia in prossimità di insediamenti umani sia in luoghi più remoti. I risultati hanno rivelato la presenza di diversi composti emergenti, monitorati dalla comunità scientifica perchè potenzialmente dannosi per l’ecosistema, come fragranze e filtri UV, che derivano dai prodotti per la cura personale di largo consumo, fino alle latitudini più estreme. (Nella foto, attività di campionamento di neve a Ny-Ålesund, Isole Svalbard Crediti F. Scoto, Cnr – Unive)

I commenti

“E’ la prima volta che molti dei contaminanti analizzati, quali Benzofenone-3, Octocrilene, Etilesil Metossicinnamato e Etilesil Salicilato, vengono identificati nella neve artica”, afferma Marianna D’Amico, dottoranda in Scienze polari all’Università Ca’ Foscari Venezia e prima autrice dello studio.
“I risultati evidenziano come la presenza dei contaminanti emergenti nelle aree remote sia imputabile al ruolo del trasporto atmosferico a lungo raggio”, spiega Marco Vecchiato, ricercatore in Chimica analitica a Ca’ Foscari e co-autore del lavoro. “Infatti, le concentrazioni più alte sono state riscontrate nelle deposizioni invernali. Alla fine dell’inverno, le masse d’aria contaminate provenienti dall’Eurasia raggiungono più facilmente l’Artico. L’esempio più evidente riguarda proprio alcuni filtri UV normalmente presenti nelle creme solari. L’origine delle maggiori concentrazioni invernali di questi contaminanti non può che risiedere nelle regioni continentali abitate a latitudini più basse. Alle Svalbard durante la notte artica il sole non sorge e non vengono utilizzate creme solari”, prosegue Vecchiato.

Fino in cima

La distribuzione di alcuni di questi contaminanti varia in base all’altitudine. La maggior parte dei composti ha concentrazioni maggiori a quote più basse, tranne l’Octocrilene e il Benzofenone-3, due filtri UV comunemente utilizzati nelle creme solari, che al contrario sono più abbondanti sulla cima dei ghiacciai, dove arrivano dalle basse latitudini trasportati dalla circolazione atmosferica.
“Sarà fondamentale comprendere i fenomeni di trasporto e deposizione di tali contaminanti nelle aree polari, soprattutto in relazione alle variazioni delle condizioni stagionali locali”, conclude Andrea Spolaor, ricercatore presso il Cnr-Isp. “Condizioni che stanno mutando rapidamente in risposta al cambiamento climatico, che in Artico avviene quattro volte più velocemente rispetto al resto del mondo”.

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