Spesso quando si affronta il tema della ricchezza e delle disuguaglianze, e si chiedono misure per riequilibrare le disparità, la reazione è stizzita: i proponenti sarebbero mossi da invidia sociale.
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È un artificio retorico utile per sviare l’attenzione dal merito, per ribaltare le cose, per spostare i riflettori da sé e mettere sotto accusa chi propone interventi di giustizia sociale.
Trovo da sempre buffa questa convinzione. Che tutti, a parte rare eccezioni, aspirino ad un certo grado di benessere è ragionevole, ma che l’obiettivo sia per forza quello di occupare un tavolino al Billionaire è una credenza su cui ho alcuni ragionevoli dubbi.
Chi invidiamo?
Ho trovato molto interessante una riflessione della scrittrice Letizia Pezzali che ha affrontato il tema dell’invidia in maniera articolata, facendo un accenno alla questione sociale che mi piace riprendere.
“Chi invidiamo dunque? – dice la Pezzali – La domanda può sembrare oziosa ma non lo è perché ultimamente è diventata una domanda molto politica. Il mondo è più che mai percorso da soggetti che dicono di essere detestati perché in realtà sono molto invidiati. Voi mi odiate perché provate nei miei confronti invidia sociale.
In prima linea fra quelli che dicono di essere invidiati c’è da anni da Donald Trump. Ma ultimamente ne abbiamo visti parecchi anche da noi. In realtà non è vero che questi soggetti sono invidiati.
Chi li detesta lo fa perché ritiene siano soggetti portatori a vario titolo di sistemi di valori pericolosi e di disastri epocali. Se il tuo potere nel mondo può determinare il sorgere di una civiltà dalla quale vorrò scappare ti contrasto con tutte le mie forze, non perché sono invidiosa del tuo potere, ma perché devo mettere in salvo la mia idea di civiltà”.
In conclusione
Quindi, altro che invidia sociale: spesso sono i valori che queste persone portano avanti e diffondono che spaventano. Finchè si tratta di un Briatore si può fare spallucce, e lasciarlo tranquillo alle sue convinzioni che la massima aspirazione di noialtri sia essere come lui. Ma quando scopri che i nuovi miliardari detengono poteri immensi, in grado di influenzare milioni di persone con le loro piattaforme web o di decidere le sorti delle guerre, bloccando a piacimento i sistemi di comunicazione tra Stati in guerra, solo per fare un paio di esempi reali, le cose cambiano.
Due preoccupazioni distinte ma legate fra loro: una per l’immenso potere detenuto dai pochi sempre più ricchi, l’altra per l’immensa capacità che oggi detengono di imporre, o a essere buoni, di diffondere il loro insieme di valori a tutti gli altri.
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