Come molti, ho sempre detto e pensato: “da una parte ci siamo noi con la nostra sanità pubblica, che avrà pure mille limiti e difetti, ma se ti ammali vieni curato più o meno gratuitamente. E tutti vengono curati allo stesso modo a prescindere dal loro reddito. Altrove, in primis negli Stati Uniti, la sanità è prevalentemente privata, paghi cure e medicinali, altrimenti sono fatti tuoi. La sanità pubblica esiste, ma solo per i poveri e offre assistenza discutibile, solo se hai soldi puoi curarti come si deve”.
Anche al netto dell’inevitabile semplificazione, c’era del vero. Ne parlo al passato perché la divisione così netta ormai non regge più. Ce ne stiamo accorgendo tutti, soprattutto quando abbiamo bisogno di qualche visita specialistica: x mesi di attesa col pubblico, subito a pagamento provato. Se hai fretta, la scelta è obbligata. E quando si parla di salute, il tempo non è una variabile secondaria
Qualcosa difficilmente immaginabile
Ma che la situazione italiana sia così grave da poter parlare di similitudini con quanto accade negli Stati Uniti potrebbe suonare come una provocazione. E invece sono i dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Oecd) a raccontare una situazione in cui sempre più persone sono costrette a rinunciare alle cure di cui hanno bisogno. Non diversamente a quanto accade nella patria della sanità privata, il modello che dovrebbe essere agli antipodi rispetto al nostro servizio sanitario pubblico.
A parlarne, ricordando anche il gap di spesa per sanità tra noi e gli altri grandi paesi europei, è il sociologo Carlo Triglia, intervenuto con un articolo che consiglio, disponibile nella sua interezza a questo link.
Di seguito mi limito ad una sintesi riportando i passaggi che ritengo più interessanti.
L’intervento “Addio mito della sanità pubblica. Stiamo diventando i nuovi Stati Uniti”, inizia ricordando che la “sottrazione della salute al mercato attraverso il welfare è stato un pilastro fondamentale del compromesso sociale e politico del dopoguerra”. E che “l’Italia è arrivata a quest’appuntamento nel 1978. Un’innovazione importante che va oggi difesa dai rischi di deterioramento che minano la coesione sociale”.
“Quando l’accesso ai servizi sanitari non è garantito come componente essenziale dei diritti di cittadinanza, le disuguaglianze crescono. In altre parole, si devono comprare cure per la propria salute sul mercato. Chi ha di più può permettersi cure migliori”.
“L’esperienza vissuta direttamente da chi oggi ha bisogno di cure è fatta di “attese molto lunghe per visite specialistiche, esami diagnostici o interventi chirurgici. La prevenzione sempre più trascurata e con essa la “medicina territoriale” basata sulla continuità assistenziale (ospedali – poliambulatori e case della salute – cure domiciliari)”.
La distanza con gli altri Paesi Europei
Considerando alcuni indicatori essenziali, emerge la distanza con altri grandi paesi europei. La spesa pubblica pro capite per la sanità è meno della metà di quella della Germania e di circa un terzo inferiore a quella della Francia; più o meno la stessa differenza è riscontrabile nei posti letto degli ospedali. Più basso è il numero dei medici e soprattutto degli infermieri.
Come conseguenza di questo quadro, Triglia sottolinea come siano diminuite le possibilità di accesso ai servizi sanitari. Con due tendenze evidenti.
1 L’Italia è il paese che sperimenta una crescita e un livello elevato della spesa delle famiglie per procurarsi servizi a pagamento nel settore privato o in quello pubblico. In Italia questo valore è alto nel confronto con gli altri grandi paesi europei (oltre un quinto della spesa sanitaria complessiva).
2 Allo stesso tempo, però, cresce il numero di quanti non possono permettersi questa spesa e quindi rinunciano in tutto o in parte alle cure di cui avrebbero bisogno. In questo modo si aggravano evidentemente le disuguaglianze legate alla salute.

Il confronto con altri Paesi
A riprova delle affermazioni Triglia riporta le stime dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Oecd) che ha messo a confronto in vari paesi i soggetti più ricchi e quelli più poveri.
“Gli Stati Uniti sono il paese in cui conta di più la classe sociale nel differenziare in misura significativa l’accesso ai servizi sanitari, sia specialistici che ospedalieri o preventivi. Ma questo era prevedibile, data la mancanza di un servizio sanitario nazionale. A sorpresa, invece, l’altro paese che si avvicina di più a questa situazione di maggiore disuguaglianza è l’Italia. Le differenze nell’accesso sono infatti anche in questo caso particolarmente elevate tra i più ricchi e i più poveri, con l’eccezione dei servizi di ricovero ospedaliero. Su questo terreno il nostro SSN fa sentire i suoi effetti. Ma siamo ben lontani dalla situazione dei paesi nordici, e in parte di quelli continentali, nei quali non si manifestano differenze nell’accesso ai servizi.
Dunque, l’Italia oltre ad avere una condizione di elevata disuguaglianza di reddito, si distingue anche per quella relativa alla salute e alle condizioni di cura.
Un appello
Per queste ragioni Triglia si fa promotore con altri autorevoli studiosi e scienziati di un appello a difesa del sistema sanitario. Con un’importante sottolineatura. “Giustamente occorre investire più risorse pubbliche nella sanità; non bisogna però trascurare la necessità non meno cogente di intervenire sulla governance e sull’organizzazione del sistema sanitario. Senza cambiamenti adeguati su questo terreno anche lo stanziamento di maggiori risorse rischia di essere poco efficace. Si pensi in particolare al ruolo delle regioni che andrebbe rivisto, e più in generale al funzionamento della sanità nel Mezzogiorno, che mostra limiti evidenti nonostante le risorse impegnate. Non bastano controlli dal centro di tipo finanziario ma è necessario mettere a punto strumenti che permettano di incidere sulla qualità dei servizi erogati”.
Carlo Triglia è Professore emerito di sociologia economica dell’università di Firenze, socio dell’Accademia dei Lincei, è stato ministro per la Coesione Territoriale nel governo Letta (2013- 2014).
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