In questo post provo a fare una sintesi di un interessante articolo di Stefano Bartolini uscito sul quotidiano Domani l’ultimo giorno del 2023 con un titolo che suona una forte dichiarazione d’intenti: “La sinistra riparta dalla felicità: manifesto per un futuro più umano”.
In un primo post dedicato al tema “Sinistra & Felicità” mi sono invece occupato dell’articolo del 10 dicembre 2023 di Gabriele Segre che, fin dal titolo, dichiara senza giri di parole il suo intento: “La felicità è un tema politico. Ecco perché può diventare una battaglia della sinistra”.
Come sempre, i grassetti che seguono sono opera mia.
Stressati e infelici
Stefano Bartolini parte proprio dal legame tra politica e felicità sollevato da Segre con un incipit secco: “Viviamo in una società che è stata progettata per renderci stressati e infelici. Ma questo non è un dogma, la politica ha il potere di cambiare le cose. E chi mai dovrebbe farlo se non la sinistra? Ecco come.” E prosegue: “Gli studi di scienze sociali hanno messo in rilievo che il fattore dominante per la felicità è la qualità della vita condivisa ed essa è fortemente influenzata dalle scelte politiche. Le cose che condividiamo, come le relazioni umane e la qualità degli ambienti naturali e costruiti in cui viviamo hanno un impatto dominante sulla nostra felicità”.
Sono proprio la perdita e il degrado queste relazioni e della qualità degli ambienti che spiegano “crescente malessere, stress, pessimismo, frustrazione, ansia, depressione, disturbi mentali, oltre a un caleidoscopio di dipendenze che spazia dalle droghe agli psicofarmaci, dal gioco d’azzardo alla pornografia, ai social media ecc”.
Il quadro che presenta Bartolini è desolante: bambini che in passato giocavano in gruppo che si ritrovano soli con i loro apparecchi digitali; anziani senza reti sociali, persone di mezza età stressate, “schiacciate dalle esigenze economiche e di tempo”.
Cosa fare?
Non si tratta di una situazione frutto del caso. “Questa situazione è in buona misura il prodotto di scelte politiche che possono essere cambiate”.
Il primo esempio che riporta il professore è quello della “solitudine urbana”, dipendente in gran parte dall’impatto delle automobili che hanno reso gli “spazi rumorosi, inquinati e pericolosi”, citando un urbanista che “sostiene che non si possa mettere a proprio agio contemporaneamente le auto e le persone nelle città”.
La scelta di privilegiare le esigenze delle auto può essere cambiata, come alcune grandi metropoli stanno iniziando a fare (Bartolini cita Tokyo ad esempio), con una ricetta che recita “spazi verdi, centri sportivi, spazi pedonali, forti limitazioni al traffico privato, mobilità basata su trasporti pubblici e biciclette”.

Scuola & Lavoro
Sulla scuola e sul lavoro l’autore è così chiaro, preciso e condivisibile, che mi limito a riportare integralmente le sue parole.
“La scuola è interamente focalizzata su di una accezione restrittiva dello sviluppo delle capacità cognitive e dovrebbe essere radicalmente ripensata al fine di fornire una formazione emotiva e relazionale, che attualmente scoraggia. Questo non implica alcuna rinuncia alla formazione di individui produttivi. La scuola attuale è inadeguata per la formazione di capacità creative e relazionali che sono fondamentali in una economia sempre più post-industriale, basata sulla conoscenza, sull’innovazione e la creatività“.
“Le ricerche mostrano che la soddisfazione per il nostro lavoro è una componente fondamentale della soddisfazione che proviamo per la nostra vita. La soddisfazione per il lavoro dipende fortemente dalla qualità delle relazioni che sperimentiamo in tale ambito e questa a sua volta è fortemente influenzata dalla organizzazione del lavoro. La tendenza negli ultimi 30 anni ha completamente trascurato questi aspetti, dato che è stata guidata dalle seguenti parole d’ordine: più stress, più incentivi, più competizione, più pressione, più controlli. Questa organizzazione del lavoro non produce né relazioni migliori, né lavoratori felici, né più produttivi. Infatti molti studi documentano una forte correlazione tra produttività e benessere dei lavoratori. Gente più soddisfatta lavora meglio, compie meno errori ed è più efficace come risolutrice di problemi.
È dunque possibile coniugare benessere e produttività lasciando spazio a modelli organizzativi che facciano più ampia leva sulle motivazioni non monetarie e su una maggior flessibilità che faciliti l’equilibrio tra vita a lavoro”.
Insomma, se “la solitudine e l’infelicità sono fattori di rischio cruciali per la salute, sia fisica sia mentale”, allora le politiche mirate a proteggere benessere e relazioni sono anche “una potente forma di prevenzione sanitaria e un modo di rendere sostenibile la spesa sanitaria”.
Mercato, Stato, Società, Felicità
L’autore sostiene che nella loro battaglia di contrapposizione, sia lo Stato che il mercato hanno finito per distruggere la società anziché svilupparla. Hanno un ruolo fondamentale nel favorire o ostacolare le relazioni sociali, da cui appunto dipende gran parte del benessere delle persone.
In conclusione, tornando al titolo dell’articolo, “La felicità è un criterio di organizzazione della società che non viene normalmente considerato nelle scelte sociali. Dato che la felicità dipende pesantemente dalla qualità di ciò che condividiamo, la candidata naturale ad abbracciare questo tema è la sinistra perché è storicamente molto più sensibile della destra al tema dei beni comuni. Tra le sue parole d’ordine la sinistra dovrebbe includere: qualità urbana, qualità delle relazioni umane, qualità del lavoro, qualità dell’ambiente, qualità del cibo, e anche qualità della democrazia”.
La sinistra è nata per occuparsi della difesa dei più deboli, ma oggi le cose sono cambiate: “la società si è frammentata e strati sempre più ampi della popolazione si sono convinti di avere qualche privilegio – più o meno piccolo – da difendere”.
E non a caso la sinistra ha perso fascino e capacità di coinvolgimento. “La sinistra insomma tende a muoversi tradizionalmente nel recinto degli svantaggiati. I temi della qualità della vita consentono di uscirne perché riguardano tutti e non solo i più deboli”. “Finché la sinistra ha proposte difensive e “recintate” continuerà così. Stiamo perdendo una gigantesca occasione di imporre temi al dibattito pubblico e alle agende politiche, stiamo lasciando questo compito alla destra”.
Leggi La sinistra alla ricerca della felicità 1. Una questione politica