I media l’hanno fatta passare come cattivissima, una versione moderna di Crudelia De Mon. Ma siamo certi che la vicepresidente di Baidu fosse così spietata per indole innata? Non è forse più probabile che sia semplicemente il frutto estremo di un sistema malato?
Stiamo ai fatti. Stando a quanto riportato dai giornali in questi giorni, Qu Jing, vicepresidente del colosso cinese, si è dovuta dimettere dopo aver “esagerato” nel suo approccio al lavoro e nei confronti di collaboratori e dipendenti.
Difficile negarlo se è vero che la manager ha scelto di esibirsi sul Tik Tok cinese, Douyin, con una serie di video di questo tenore: “non aspettatevi weekend liberi”, “vi renderò la vita impossibile” e così via. Immagino che nelle sue intenzioni volessero essere messaggi motivazionali, il che fa capire quanto certa gente viva ormai in un mondo tutto proprio, lontani dalla realtà delle persone “normali”.
La nuova fede
Su No Alternative abbiamo già parlato di questa sindrome che ha contagiato molti ricchi adepti del lavorismo. Non ci sarebbe molto di male se si limitassero a seguire la loro religione individualmente, senza pretendere di imporre al prossimo i loro discutibili precetti. E invece, come invasati fondamentalisti, questi nuovi potenti danno per scontato che i loro precetti debbano essere imposti a tutti. Soprattutto ai sottoposti.
Che si chiamino Musk o Qu Jing, il loro mantra è: quello che vale per me, e che mi ha reso milionario e potente, deve valere per forza per i dipendenti. Cioè, detto meglio, l’impegno deve essere lo stesso, la dedizione al lavoro totale e senza spazio per altro (pare che la signora cinese obbligasse a tenere accesso 24h il telefono aziendale), ma il trattamento economico no. Per i profeti del lavorismo è normale che i loro guadagni siano stratosferici, ma che quelli di chi sta sotto no. A parità di impegno.
Nel frattempo pare che Musk abbia chiesto di poter incassare personalmente oltre 55 miliardi l’anno ma che, per ora, la richiesta sia stata bloccata. Basta una piccola ricerca in rete e troverete invece un sacco di notizie di qualche tempo fa secondo cui il signor Tesla avrebbe rinunciato a guadagni personali e allo stipendio. Tanto per dire di come il culto dei potenti abbia la sua propaganda…
Tornando alla storia di oggi
Non è necessario aver letto il Capitale o essersi tatuati il barbone di Karl Marx sul petto per sapere che dietro la ricchezza esagerata di qualcuno c’è qualcosa in più oltre la dedizione e le capacità personali. C’è il lavoro di molti altri. O meglio, per usare i termini corretti, c’è lo sfruttamento del lavoro di persone che faticano ogni giorno in cambio di un salario. Quel che eccede il salario che fine fa? In (gran) parte finisce nelle tasche dei manager.

E se nel nostro comodo occidente, parliamo mediamente di 36/40 ore alla settimana, in Cina le ore ufficiali sono 44 ed esiste una nutrita schiera di “padroni”, tra cui anche il capo di Alibaba Jack Ma, a cui piace la regola 996, ossia l’obbligo di lavorare dalle nove del mattino alle nove di sera per sei giorni alla settimana. E stendiamo un velo pietoso sul fatto che la vicenda di cui parliamo oggi, si svolge in un Paese che si dichiara, senza senso del ridicolo, “socialista”.
Due ultime riflessioni
La donna non occupava una posizione qualunque nell’azienda: era la vicepresidente, nonché responsabile delle relazioni pubbliche, cosa quest’ultima che farebbe sorridere se non fosse il segno di quali caratteristiche debba avere chi si occupa di comunicazione nel mondo del lavoro.
Il fatto che si sentisse autorizzata a dichiarazioni così spietate senza provare vergogna, fa pensare a quanto la religione del lavoro si sia diffusa e imposta.
Qualcuno ricorda lo sciagurato spot del Parmigiano reggiano del 2021 in cui c’era un certo Renatino, casaro sorridente che si vantava di fronte a ridicoli visitatori di lavorare 365 giorni l’anno, da quando aveva 18 anni, senza aver mai preso un giorno di ferie o malattia e non aver mai fatto vacanza o visto altre città? Pubblicità ritirata in fretta e furia, ma il problema è che sia stata pensata e messa in onda senza essere fermata prima.
La storia di oggi ha invece una nota positiva. A rischio di essere smentiti si può sperare che inizi a esserci una maggiore consapevolezza sull’assurdità di certe pretese lavorative. Che stia crescendo un diffuso malcontento verso questi manager arroganti che sfruttano il lavoro altrui e pretendono dedizione totale alla (loro) causa.
Una vita per il fatturato
Credo sia importante saper ridere in faccia a certe persone, e manifestare apertamente il disprezzo per le loro vite. Vite vuote dedite solo al fatturato, ai soldi e ai beni materiali. Una donna che si vanta pubblicamente di non prendere mai ferie, di dimenticarsi del compleanno dei figli e di non ricordare nemmeno quale classe facciano, non merita invidia bensì compassione. Anche se guida una macchina da sogno, indossa abiti e gioielli favolosi e cena ogni sera al ristorante stellato. È una persona triste.
In ogni caso, quando cambia il vento, lo si capisce da piccoli segnali come questo.
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