Ho trovato molto bello e ispirato un intervento dell’economista Emanuele Felice apparso a fine aprile 2024 su Domani e che potete trovare integralmente a questo link.
La precarizzazione e l’impoverimento hanno spinto il declino
Al centro del pensiero di Felice c’è il paradosso del nostro Paese. Perdita di diritti, salari fermi, mercato del lavoro liberalizzato. Tutte misure che ci sono state spiegate come medicine contro il declino e che invece probabilmente quel declino lo hanno favorito e accelerato. L’economista fornisce un elenco esauriente dei veri mali del nostro Paese, dal debito pubblico all’evasione fiscale, al peso nell’economia delle piccole imprese.
E invece di affrontare i problemi veri, la strada scelta è stata opposta. “La precarizzazione e l’impoverimento del lavoro sono la maniera, facile ma illusoria, con cui le nostre imprese poco efficienti sperano di potere competere”.
Per “invertire la rotta” l’economista appoggia i referendum della CGIL (come NoAlternative LINK) con la convinzione che i quesiti “puntano a dare più tutele, più sicurezza e più garanzie ai lavoratori e sono complementari alla proposta di salario minimo”. E conclude con un appello per “ridare al mondo del lavoro forza e dignità”, che non possiamo che condividere e fare nostro.

Riporto di seguito i principali passaggi dell’articolo
L’Italia è uno dei paesi europei in cui il lavoro è stato maggiormente indebolito, con perdita di diritti, sicurezza, potere di acquisto, negli ultimi trent’anni.
L’Italia è uno dei paesi europei in cui il lavoro è stato maggiormente indebolito, con perdita di diritti, sicurezza, potere di acquisto, negli ultimi trent’anni. Basti pensare che dal 1991 al 2022 i salari reali da noi sono rimasti fermi, mentre nell’insieme dei paesi avanzati Ocse sono aumentati di oltre il 30 per cento.
E mentre i nostri salari scendevano al di sotto della media europea, mentre cresceva il lavoro povero, le «riforme» degli ultimi decenni ci hanno reso, progressivamente, il paese con il mercato del lavoro più liberalizzato, fra le principali economie dell’Unione (più di Germania, Francia, Spagna, Olanda, Polonia: fonte Istituto Bruno Leoni, non certo vicino ai sindacati).
Tutto questo però non è servito a evitare il declino. Anzi, probabilmente l’ha favorito.
Ben altre erano e sono le nostre anomalie, che nel frattempo si sono accentuate:
livelli di istruzione e ricerca che ci collocano agli ultimi posti fra i paesi avanzati;
una pubblica amministrazione mal pagata, inefficiente e ormai anche sottodimensionata;
l’elevato debito pubblico;
l’altissima evasione che lo alimenta;
una struttura economica sbilanciata verso le piccole e piccolissime imprese.
In questo quadro, nell’immediato la precarizzazione e l’impoverimento del lavoro sono la maniera, facile ma illusoria, con cui le nostre imprese poco efficienti sperano di potere competere, senza affrontare i nodi strutturali che impediscono di innovare e di crescere.
E nel medio e lungo periodo sono la via sicura per l’impoverimento, economico ma anche sociale, culturale, demografico. Anche l’emigrazione giovanile e l’inverno demografico discendono in buona parte da qui, dall’insicurezza e dai bassi salari.
Occorre quindi invertire la rotta. La Cgil ha promosso quattro referendum che vanno nella giusta direzione: puntano a dare più tutele, più sicurezza e più garanzie ai lavoratori; sono complementari alla proposta di salario minimo.
Abbiamo bisogno di ridare al mondo del lavoro forza e dignità: è così che si contrastano le disuguaglianze, si consolida il mercato interno e si agevolano le imprese più competitive e innovative. È una parte essenziale di una strategia coerente contro il declino, per rendere l’Italia un paese, finalmente, più giusto e più moderno. Un grande paese europeo.
A questo link, gli articoli della sezione lavoro di noalternative
Per firmare i Referendum CGIL